Attraverso la pratica del sovescio si va ad imitare ciò che avviene normalmente in natura: la copertura del suolo ed il reintegro di sostanza organica. Attra- verso la scelta mirata delle specie vegetali da utilizzare nel sovescio è possibile esaltare questa dinamica.
Il ricorso a Leguminose consente l’apporto di azoto organico; l’uso di specie che dispongano di apparato radicale molto sviluppato permette una fessurazione ed una strutturazione del terreno anche negli strati più profondi eliminando anche la suola di lavorazione (inoltre gli apparati radicali fascicolati evitano l’erosione); la scelta di essenze in grado di sviluppare molta massa vegetale con- sente un notevole apporto di carbonio organico (sostanza organica) e permette anche il controllo sulle infestanti. Tramite il sovescio dunque è possibile operare modifiche positive come decostipamento, aerazione e drenaggio, e si rende pos- sibile anche un’offerta di pascolo per api e altri insetti utili tramite il ricorso a specie mellifere. La pluralità e la diversità delle specie all’interno dei sovesci risulta fondamentale anche per la biodiversità del suolo grazie agli essudati radi- cali prodotti. Per questo motivo risulta sempre consigliabile il ricorso a sovesci plurispecie nei quali siano presenti almeno una decina di specie (se ne possono impiegare anche 20, 30 o 40 contemporaneamente). Questa pratica permette il sequestro, l’assimilazione ed il successivo rilascio di elementi nutritivi impeden- done la dispersione. Vi sono alcune essenze all’interno delle Crucifere che produ- cono sostanze in grado di contrastare infestazioni di nematodi presenti nel ter- reno. Vengono definite piante biocide da sovescio, e tra queste figurano Brassica juncea, Raphanus sativus ed Eruca sativa. Le sostanze ad azione biocida si libera- no e divengono attive nel momento della trinciatura della massa vegetale. Massa vegetale che andrà parzialmente interrata (semi-interramento) e che agirà su- gli organismi nocivi. In questo caso per poter espletare al meglio la funzione bio- cida è necessario interrare la massa triturata quando è ancora fresca; i composti organici e le sostanze liberate in questa fase risulteranno determinanti per la sa- nificazione del suolo. Questa pratica è utile all’interno delle serre oppure in fase di conversione, in presenza di terreni mal gestiti.
Le cause che hanno portato alla presenza di eventuali agenti patogeni sono sem- pre e comunque da ricercare a monte, nello sconvolgimento dell’ecosistema e degli equilibri interni al suolo. Sostanzialmente vi sono 3 tipologie di sovesci:
In merito a queste tipologie di sovesci bisognerà operare una scelta mirata del tipo di essenze che sia compatibile con la stagionalità ed il relativo ciclo di svi- luppo. Ciò vale soprattutto per i sovesci estivi (a semina estiva) per i quali si ri- duce il numero di specie valide da poter utilizzare. Per questi si tratterà di specie in grado di sopportare condizioni di caldo e siccità anche durante le fasi iniziali di sviluppo.
Mentre la tipologia di sovescio che offre i benefici maggiori è rappresentata dai sovesci a ciclo autunno-primaverile poiché questi sono in grado di sviluppare un notevole apparato radicale ed un quantitativo di massa superiore rispetto agli altri. Tuttavia risultano utili e validi anche gli altri tipi di sovescio che potranno essere impiegati a seconda delle necessità e delle esigenze operative.
Per favorire al meglio lo sviluppo del sovescio è necessario lavorare il terreno (dissodamento) e preparare un letto di semina che faciliti germinazione e sviluppo radicale. Effettuando la semina possibilmente prima di una pioggia ed eventualmente in prossimità della Luna piena.
I giorni adiacenti alla Luna piena sono favorevoli alla germinazione (questa in- fluenza sarà tanto incisiva quanto più saranno vitali suolo e sementi). La principali famiglie botaniche che caratterizzano i sovesci sono le Leguminose, la Graminacee e le Crucifere (o Brassicacee).
Il sovescio offre notevoli vantaggi ed il suo inserimento va gestito all’interno di rotazioni e avvicendamenti (orticole, seminativi e altre colture erbacee). La sua applicazione trova ampio spazio anche nelle colture permanenti (frutti- coltura, viticoltura).
La frequenza nel ricorso al sovescio dipende dalle caratteristiche del terreno, dal suo grado di fertilità e dalle esigenze delle colture. Visti i benefici di questa pra- tica non è detto che non si possa ripetere con una certa frequenza anche nei ter- reni più fertili e ricchi.
In base al tipo di coltura ed alle relative esigenze si potrà variare la composizio- ne delle miscele, e si potrà diversificare anche il momento per la trinciatura e l’interramento in base al grado di sviluppo del sovescio poiché piante che non hanno raggiunto la piena fioritura (o che sono in procinto di fiorire) disporranno di un rapporto carbonio/azoto (C/N) diverso rispetto a piante che invece si tro- vano in fase di maturazione (cioè che hanno avuto modo di portare avanti il proprio ciclo di sviluppo). Nel primo caso, con piante più giovani, vi è una mag- giore disponibilità di azoto, mentre con piante più mature e sviluppate vi sarà una minore disponibilità di azoto a favore del carbonio. Questo aspetto è da te- nere in considerazione nel caso di colture che risultano sensibili ad un eccesso di azoto.
Ma solitamente la trinciatura del sovescio per il suo interramento (semi- interramento) avviene quando vi è indicativamente un 10-20% di fioritura sul totale delle essenze che costituiscono la miscela. In questo caso vi è il miglior apporto di composti azotati e, di conseguenza, una buona azione nutriente e concimante. Ovviamente la presenza di Leguminose rappresenta un fattore cen- trale in merito all’apporto di azoto.
Sarebbe opportuno evitare la montata a seme poiché alcune specie potrebbero acquisire il carattere di infestanti (soprattutto alcune specie appartenenti alla famiglia delle Crucifere).
Una volta trinciato il sovescio, prima dell’interramento, è buona norma attende- re che la massa verde perda umidità. Ciò significa che non si dovrà interrare questa massa immediatamente, ma occorrerà attendere che appassisca leggermente. Questo lasso di tempo dipenderà dalla temperatura atmosferica e dall’intensità dell’irraggiamento solare. Una volta interrato il sovescio andrà di- stribuito il preparato Fladen per sostenere e stimolare il terreno nella fase di decomposizione, elaborazione e assimilazione dei residui organici. Tramite il preparato Fladen si va a favorire quello che viene definito “compostaggio di su- perficie”, e cioè la degradazione ottimale e l’umificazione della massa vegetale. Il sovescio non deve essere interrato in profondità poiché non vi sarebbero le con- dizioni ottimali per una corretta decomposizione.
Prima di poter utilizzare il terreno per una semina occorrerà attendere indicati- vamente una ventina di giorni. Mentre per un trapianto occorreranno una quin- dicina di giorni circa. Questi periodi variano comunque in base al grado di attività biologica del suolo ed alla sua tessitura (terreni sabbiosi, terreni ar- gillosi).
Ogni famiglia botanica sviluppa un tipo di apparato radicale con caratteristiche particolari, in grado di “lavorare” e nutrire il suolo a proprio modo. Molte specie sono anche piante nutrici per api e insetti utili.
Ma il sovescio può essere gestito anche in altro modo, a seconda del tipo di col- tura, tramite un semplice sfalcio, oppure utilizzando apposita attrezzatura tipo “roller crimper” in grado di generare uno spesso strato pacciamante naturale ot- tenuto dall’allettamento al suolo di colture di copertura. In questo caso non vi sarà nessun interramento della massa verde la quale andrà a costituire una pac- ciamatura naturale. Questa tecnica si applica nel caso della semina su sodo (tec- nica conservativa di gestione del suolo che prevede la non lavorazione del terre- no), e necessita di apposite attrezzature.
Composizione: Veccia sativa, Lupinella, Erba medica, Trifoglio pratense, Grano saraceno, Trifoglio resupinato, Trifoglio repens, Meliloto, Rafano, Facelia, Co- riandolo, Rucola, Finocchio selvatico, Calendula, Agrostemma.
Questa miscela è indicata per migliorare la struttura del terreno e per rigenerar- lo. Si tratta di una miscela costituita principalmente da essenze mellifere, e per questo motivo risulta utile anche in apicoltura. La si può utilizzare anche per prati stabili in frutteti, vigneti e uliveti. Ma offre ottimi risultati anche nell’orto come sovescio classico (come ribadito sopra, le essenze da sovescio possono es- sere gestite con svariate modalità).
La si può seminare in primavera oppure anche in autunno (nel mese di ottobre per il Nord Italia, mentre nelle Regioni del Sud anche durante l’inverno).
Si consiglia l’uso dello spandiconcime per il calibro disomogeneo delle sementi del miscuglio.
Investimento consigliato: 40-50 kg per ettaro in pieno campo. Kg 20-30 nei vi- gneti con semina a file alterne. Con un 1 kg si seminano 250 mq di orto.
Composizione: Pisello proteico, Grano saraceno, Veccia, Trifoglio squarroso, Lu- pino, Trifoglio alessandrino, Facelia.
Miscela annuale. Si tratta di una miscela con predominanza di Leguminose indi- cata per la fissazione dell’azoto. Ottima come sovescio classico per l’apporto di nutrienti nel terreno.
Semina primaverile per tutti i climi, mentre per quella autunnale fino a metà ot- tobre nelle regioni fredde (Nord Italia) e anche tutto l’inverno in quelle molto calde. La preparazione del terreno per la semina deve essere accurata in modo da evitare ristagno idrico che sarebbe particolarmente dannoso in fase di germi- nazione.
Si consiglia l’uso dello spandiconcime per il calibro disomogeneo delle sementi del miscuglio.
Investimento consigliato: 40 kg per ettaro in pieno campo. Kg 20-25 nei vigneti con semina a file alterne. Con un 1 kg si seminano 250 mq di orto.
Si tratta di una miscela mellifera e pollinifera costituita da Facelia 15%, Grano saraceno 15, Trifoglio incarnato 13%, Trifoglio persiano 10%, Girasole 10%, Li- no 10%, Serradella 6%, Coriandolo 5%, Cumino dei prati 5%, Calendula 3%, Se- nape 2%, Finocchio annuale 2%, Fiordaliso 1%, Malva 1%, Aneto 1%, Agro- stemma 1%.
Questa composizione eterogenea e variegata ha l’obiettivo di fungere da pascolo e nutrimento per un periodo prolungato.
L’epoca di semina va dalla fine dell’inverno all’inizio dell’estate. Per una germi- nazione ottimale è necessario curare al meglio la fase di semina ricoprendo la semente con un sottile strato di terra (oppure con terriccio) compattando leg- germente il tutto. Il seme per poter germinare deve sentire il contatto con la ter- ra. Il terreno seminato andrà poi mantenuto sempre inumidito fina alla completa germinazione. Le semine in prossimità della Luna piena hanno maggiori garan- zie di successo (la Luna piena stimola questa fase). Eventualmente seminare in giorni di fiori per assecondare la miglior fioritura.
La semente andrà distribuita in maniera uniforme evitando eccessiva concentra- zione dei semi o, al contrario, aree che ne siano prive (750 grammi di semi per 300 metri quadri di superficie). Risulta importante anche la buona preparazione del letto di semina (terreno ben lavorato e privo di infestanti).
Si tratta di una pratica utile alla biodiversità (biodiversità funzionale). Al tem- po stesso questa pratica produce bellezza per via della meravigliosa fioritura che caratterizza queste erbe.
Nella pratica agricola si arriva spesso ad ottenere una notevole semplificazione del paesaggio. Questa semplificazione vede il suo apice nelle monocolture, che rappresentano un elemento distintivo dell’agricoltura industriale. Un’agricoltura naturale, rispettosa dell’ambiente e della vita, deve invece poter mantenere e so- stenere un certo grado di diversità biologica. Salvaguardare e incrementare la variabilità biologica significa garantire un ruolo multifunzionale alla pratica agricola, vuol dire anche garantire la presenza di insetti utili e organismi utili, creando le basi e i presupposti per ridurre al minimo eventuali interventi anti- parassitari. La forma adulta di molti insetti utili, per poter essere attiva, necessi- ta di polline e nettare. Per fare ciò è necessario introdurre elementi naturalistici all’interno dell’agroecosistema. Uno di questi è senza dubbio il prato fiorito; pra- to o fasce fiorite anche in aree marginali o, ancora meglio, in prossimità delle colture. Questa pratica rappresenta una consociazione utile, fruttuosa e vantag- giosa.
Urbanizzazione, agricoltura, industrializzazione sono tra le cause della scompar- sa di specie vegetali e animali che desta grande preoccupazione (vedere anche dati ISPRA). A tal proposito è stata elaborata la Convenzione sulla Diversità Bio- logica (CDV) basata proprio sulla presa di coscienza del “valore intrinseco della biodiversità e delle sue componenti ecologiche, genetiche, sociali, economiche, scientifiche, educative, culturali, ricreative ed estetiche”.
L’inserimento di elementi naturalistici all’interno di un contesto agrario (azien- da agricola) rappresenta anche un’opportunità istruttiva ed educativa che “pro- cura benessere ad ognuno di noi per il bisogno di contatto con la natura”.
“Dove l’agricoltura è intensiva l’impatto sull’ambiente crea grossi squilibri: le lavo- razioni, il diserbo, l’asportazione della materia organica, le concimazioni con pro- dotti di sintesi impoveriscono il suolo dal punto di vista chimico, strutturale e bio- logico. Inoltre, le aree agricole fertilizzate con azoto e diserbate perdono la ric- chezza della vegetazione spontanea a favore delle monocolture. In questo modo sono distrutti gli habitat per molti insetti e fauna, utili proprio alla difesa delle col- ture stesse. Per questo motivo le buone pratiche attuali, oltre a promuovere la ri- duzione di input, prevedono di seminare ai margini dei campi coltivati fasce di fiori spontanei, o di creare delle siepi di arbusti, proprio per aumentare la presenza di impollinatori e di altri insetti utili che migliorino la resilienza dell’agro- ecosistema” (da Manuali e Linee Guida ISPRA – Specie erbacee spontanee medi- terranee per la riqualificazione di ambienti antropici).
Questa specie è ottima come mellifera. Ha un ciclo annuale, seminata in prima- vera offre il meglio di se con abbondanti e prolungate fioriture (fioritura in circa 60 giorni). Nelle zone ad inverno mite può essere seminata tranquillamente an- che in autunno (da ottobre a dicembre a seconda delle zone). Mentre nelle Re- gioni più fredde può essere seminata anche a fine estate.
La Facelia dispone di tutti i pregi ed i vantaggi tipici del sovescio: è dotata di ap- parato radicale ben sviluppato, è in grado di assorbire e sequestrare elementi nutritivi, una volta interrata rilascia notevoli quantità di sostanza organica, gra- zie al suo sviluppo è in grado di competere con le infestanti limitandone la proli- ferazione, è adattabile e rustica ed è pianta nutrice per api e altri insetti utili. Dosi consigliate: 10-13 kg per ettaro per il sovescio, 8-10 kg per il nettare tenen- do presente che con meno piante per unità di superficie la fioritura è più copiosa per ogni singola pianta.
Si tratta di una Crucifera, o Brassicacea, in grado di produrre molta biomassa. Dispone inoltre di apparato radicale fittonante che può raggiungere anche 1,5 metri di profondità (in condizioni ottimali). Svolge attività biofumigante nei con- fronti dei funghi patogeni del suolo ed è indicata anche come pianta nematocida. Grazie al suo rapido sviluppo è in grado di competere bene con le infestanti (per controllo indiretto su queste).
Semina superficiale (1-2 cm di profondità) in primavera fino a maggio e da luglio all’autunno. In autunno seminare solo in località con inverni miti. Si consiglia la rullatura dopo la semina.
Dosi consigliate: 20/25 kg per ettaro.
Pianta a rapida crescita e ottima copertura del suolo, ampio fogliame, apparato radicale finemente ramificato, profondo e fittonante, ideale per il contenimento delle infestanti.
Ha una forte azione nematocida abbattendo la quasi totalità dei nematodi dan- nosi impedendone la moltiplicazione, di conseguenza a ogni ciclo di sovescio si ottiene una riduzione dei nematodi nel suolo.
Il rafano ha anche un’azione biofumigante grazie alla liberazione di particolari glucosinolati che determinano un’elevata attività biocida nel suolo.
Grazie all’equilibrato rapporto C/N la massa verde si degrada rapidamente au- mentando l’humus del terreno. Studi recenti indicano di un apporto di circa una tonnellata/ettaro di sostanza organica.
Ottimo per le colture in serra.
Si semina in quasi tutte le stagioni, preferibilmente da aprile a ottobre. Per la sua resistenza al freddo si può seminare in autunno anche nei climi freddi.
È sufficiente una leggera lavorazione del terreno ed è vivamente consigliata la rullatura dopo la semina. Trinciare prima della completa fioritura e interrare en- tro poche ore per ottenere il massimo effetto biocida.
Ciclo molto breve: 60 giorni circa.
Dose di semina: 20-25 kg/ha.
Il trifoglio squarroso è una pianta rustica con portamento eretto a taglia alta e molto foglioso che si adatta a vari tipi di terreni, dagli argillosi ai sabbiosi; è tol- lerante a quelli acidi, ma non a quelli umidi e calcarei.
È un’ottima pianta da sovescio in quanto produce un solo sfalcio e non ricaccia, ma è ideale anche per erbaio e pascolo, considerando che ha una taglia più eleva- ta, oltre a essere più foglioso del trifoglio incarnato con una produzione di massa verde molto più elevata rispetto a quest’ultimo.
Se utilizzato nei sovesci lo sfalcio deve avvenire in piena fioritura, se seminato per erbaio effettuare lo sfalcio a inizio fioritura e non oltre a causa della grosso- lanità dello stelo.
Pur essendo una tipica pianta per i climi mediterranei resiste anche a tempera- ture più basse, però è sconsigliata la semina in climi rigidi.
Semina: autunnale sia meccanicamente o a spaglio, con una profondità di semina di circa 1-2 cm.
Dose di semina: 30-40 kg/ha
Confezioni: 25 Kg